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Io sono tutte le emozioni che ti ho dato: la band “Temperie” presenta il brano “Cosa darei”.


“Cosa darei” è un brano intimo, delicato, che descrive con grande delizia di parole dal significato profondo l’inizio di una storia d’amore che non avrà mai fine.

Questo percorso infinito è delineato dalla consapevolezza dell’unicità reciproca.

Ed è così che il testo diventa un onorare i pregi ed anche i difetti che si trasformano in particolarità dal momento che si è compreso che sono proprio quelle caratteristiche a determinare il continuo cercarsi dei due al fine di svelare il magico mistero che li lega.


- di dove sei e come la tua città ha contribuito a sviluppare una tua sensibilità artistica.


R: Da una parte, nascere in un contesto sociale come Bologna mi ha facilitato l’accesso ai mezzi di produzione musicali, ai luoghi dove poter studiare musica, ad un confronto di qualità con altre persone. E ne sono grato. Dall’altra, mi considero un cosmopolita radicale: spesse volte sia le melodie sia i testi nascono durante i miei viaggi, nei momenti di transizione e passaggio, sia fuori che dentro.


E: Io invece sono cresciuto a Prato, città che purtroppo non ha avuto un’influenza rilevante sul mio sviluppo musicale. Andando avanti con gli anni i posti dove fare musica dal vivo, e quindi di aggregazione tra musicisti e/o appassionati di musica, sono stati sempre meno e quel poco che si poteva definire la scena musicale pratese si è spostata del tutto su Firenze, che frequento anche se non molto assiduamente.


- Raccontaci il tuo percorso musicale dalle origini fino ad oggi.


R: Ho studiato pianoforte e composizione dai 14 fino ai 20. Tre anni formalmente al Conservatorio, gli altri come privatista, cambiando diversi maestri. Dopo una breve parentesi di musica elettronica, ho ripreso sporadicamente lo studio della musica a Parigi, in particolare di basso e chitarra per circa un anno. Ad oggi, studio canto con regolarità. Per me lo studio della musica, sia teorico che tecnico, ha avuto un ruolo fondamentale. Mi ha dato la possibilità di tradurre le tante sfumature di quello che sentivo, di dare una forma riconoscibile alla mia passione, di portarmi sempre più vicino alla sensazione che, anche se non riuscivo a dire e forse mai riuscirò a dire del tutto quello che vivevo e vivo, era abbastanza così. Per me lo studio della musica fa il paio sia con gli studi accademici (filosofia, psicologia e letteratura) sia con le pratiche di consapevolezza (meditazione). Tutti aspetti che nutrono me come persona e, quindi, la mia scrittura, il mio gusto e la mia sensibilità.


E: Ho iniziato a studiare la batteria a 11 anni e da allora non ho più smesso. Mi sono mosso tra vari insegnanti privati, inizialmente in una scuola nella mia città, poi a Bologna, dove ho frequentato un’accademia, e successivamente si sono susseguiti alcuni maestri che ho selezionato per le loro capacità come musicisti e l’efficacia dei loro metodi didattici. Inoltre sto facendo molta esperienza sul campo. Sono anni che accumulo ore nelle sale prove, sui palchi e negli studi di registrazione, collaborando con artisti di generi molto diversi tra loro, mettendomi alla prova in alcune situazioni anche nell’ambito della produzione artistica. Infine da un paio d’anni mi sono sentito pronto per passare dall’altro lato della cattedra e ho iniziato ad insegnare batteria privatamente in alcune scuole della zona.



- Quando hai capito di voler fare questo mestiere/di avere questa passione?


R: Quando ho fatto esperienza lucida del fatto che la musica è il modo migliore che conosco per essere davvero, in modo vero, autentico, profondo e intenso, me stesso. Sia la musica, sia lo studio sono forme trasformative di prassi, forme di indagine del senso, strumenti di disvelamento e comprensione, visione chiara.


E: Credo che fare musica come mestiere, o cercare di farlo, si scelga ogni giorno. Prendere questa decisione significa crearsi passo dopo passo i propri spazi e decidere come affrontare un percorso che non ha tappe predefinite. Soprattutto in un paese come l’Italia dove tutto sembra remare contro a chi fa certe scelte, dove i posti dove suonare sono pochi e non si ritiene necessario trovare i soldi per pagare quanto si meritano i tournisti o le band che suonano, se non a livelli molto alti. Soprattutto in una situazione come questa è necessario chiedersi ogni giorno se davvero ci si ritiene in grado di farlo.                                Per quanto riguarda la passione invece non sono sicuro di aver fatto una scelta. Mi sono accorto che niente nella vita mi avrebbe potuto dare lo stesso tipo di emozioni che trovo nel fare musica in ogni sua forma e sono andato naturalmente in quella direzione.



- Come è nata la band “Temperie”?


R/E: Come tutte le cose belle, Temperie nasce da un incontro. Sul piano evenemenziale, Emanuele mi è stato presentato da un ragazzo con cui si suonava. Questo incontro è poi diventato prima un progetto, poi un’amicizia importante.


- Raccontaci l’iter del processo creativo del brano ( da quando hai trovato l’ispirazione fino alla produzione finale).


R: Non c’è un iter preciso sul piano procedurale. Le canzoni sono il miele estratto dall’arnia di un sistema complesso di mille variabili che, per semplicità, chiameremo vita.

E:  Si non c’è mai un iter predefinito. Tendenzialmente o iniziamo il brano insieme, partendo da zero, oppure Riccardo ha già scritto la melodia e il testo, o un abbozzo di questi, e da lì finiamo insieme. Capita anche che porti brani ai quali non c’è bisogno di cambiare nulla. In ogni caso la scintilla che innesca la nascita delle canzoni può arrivare da chiunque e da qualsiasi cosa.


- Avete altre passioni oltre alla musica e come influiscono sulla vostra creatività?


R: Come dicevo la cultura in varie declinazioni. Amo la sensazione di smarrimento che dà spazio alla meraviglia quando leggo qualcosa che scardina il mio modo di vedere le cose; amo non averci capito niente, la sensazione della mente che si allarga quando impari qualcosa. Patisco e ricerco la bellezza nell’arte e nella vita, estasi e tormento della nostra poetica.


E: Non posso definirmi un appassionato di nient’altro se il paragone è con la musica. Sono però spontaneamente attratto da ciò che non conosco. Specialmente quando incontro chi mi parla delle sue passioni tendo a farmi coinvolgere perché mi piace che la mia mente venga contaminata e mi piace scoprire che ci sono persone che amano cose diverse da quelle che amo io e che probabilmente non conoscerò mai. Nel tempo libero leggo, guardo film, cammino, risolvo giochi rompicapo.


- Perché proprio il titolo “Cosa darei?” Cosa descrive?


R/E: Descrive la sensazione di sopravvivere ad un momento in cui ormai sei impotente, ma vorresti a tutti i costi riparare. Cosa darei è la guarigione da quell’attimo di rassegnazione, prima che si faccia abitudine o visione del mondo non più distinguibile.


- Dove è stato girato il videoclip?


R/E: Presso il b&b La corte, a Montale in provincia di Modena.




- Avete mai performato dal vivo e in quale occasione?


R/E: Sì in alcune occasioni, soprattutto in Toscana. Stiamo preparando il tour di presentazione del nostro primo disco e vorremmo fare anche alcuni concerti esclusivi in determinate librerie.


- Come si struttura una vostra live?


R/E: In due, pianoforte e batteria, senza sequenze.


- Raccontaci una tua giornata tipo come

persona e artista.


R: Studio, canto, lavoro, compongo, scrivo, immagino, penso e suono.

E: Momentaneamente sto creando i miei spazi.




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